LA NOSTRA TERRA 2011 – CACCIA IN CUCINA
A cura di Massimo Marracci e Roberta Cornalba
Si ringrazia per la collaborazione:
Famiglia Bana, Valentina Botta, Roberto Fanchini, Domenico Grandini, Antonia Innocenti,
Marilena Lovato, Maria Luisa Razzoli e Famiglia Marracci, Alessio Piana,
Monica Piacentini, Maria Rosa Riva, Massimo Romelli, Anna Maria Scansetti e Massimo Zanardelli
In copertina:
“Cucina con cuoca” di Maerten de Vos (tratta da Il talismano del cacciatore a cura di Graziella Buccellati e Benedetta Manetti, Antea Edizioni)
Il messaggio del Comitato Esecutivo
In tutti i Paesi d’Europa la caccia, uno degli elementi sostanziali per una buona gestione della biodiversità, trova unanime consenso sulle tavole del dopo battuta. Il pranzo a base di selvaggina, oggetto a volte di manifestazioni ufficiali – come in Italia l’iniziativa di Caccia in Cucina, che prosegue ormai da diversi anni – rappresenta un momento di quella convivialità in cui tutti si riuniscono nel rispetto di riti ancestrali. Il pranzo di caccia, oltre a questo elemento qualificante del perché ci si sieda intorno a una tavola, incarna in realtà diversi momenti collaterali di indubbio interesse. Innanzitutto, la scelta del luogo: la casa di caccia, la casa privata, il ristorante tipico o anche la capanna riscaldata col camino al centro del locale, dove in modo molto rustico si festeggia in convivialità, chiudendo la giornata sul territorio in grande amicizia. Con la preparazione della selvaggina e della tavola vi è poi la scelta del menù, che può andare da quello più semplice al più ricercato, arricchito con le ricette antiche, che fanno di questo momento il trionfo delle nostre tavole. Ma soprattutto, mangiare la selvaggina in tutta Europa costituisce un momento fondamentale di incontro tra uomini con idee e giudizi magari divergenti, che però alla fine si riconoscono in quel comune denominatore che è la ruralità nella sua eccezione più ampia, gustandone – è proprio il caso di dirlo – uno dei prodotti più appetitosi. Senza dimenticare che la gastronomia venatoria deve degnamente sposarsi con vini appropriati nonché con altri prodotti tradizionali e tipici come la polenta, le paste rustiche, i contorni di stagione, i frutti del bosco e del sottobosco, coinvolgendo e sostenendo quindi una filiera di alimenti sani ed espressione di un’economia di qualità. L’essere cacciatori si fa riconoscere anche da questi aspetti, dal forte legame con il territorio, dalla capacità di apprezzare, valorizzandolo, quanto la terra ci dona, dallo stile che contraddistingue la nostra vita quotidiana per quanto momentaneamente lontani dal terreno di caccia.
E, ancora di più, l’occasione di Caccia in Cucina è ottima opportunità di riscoperta di vecchi borghi che, con i loro ristoranti, trattorie e agriturismi, scaturiscono direttamente dai ricordi del passato, allettando il viaggiatore al ritorno ai profumi e sapori dei nostri nonni, quando l’economia nostrana era essenzialmente agricola. Vi sono località che, grazie alla gastronomia di selvaggina e alle manifestazioni a essa legate come Caccia in Cucina, sono tornate a vivere momenti di un vivace turismo di quello definito “sostenibile”, fino a pochi anni or sono del tutto insospettato e persino imprevedibile. Anche in tal modo si creano quelle sinergie per economie di settore che non devono e non possono essere tralasciate ragionando sempre su scala globale, particolarmente nel corso di congiunture sfavorevoli come l’attuale. Peraltro, non a caso esiste a livello comunitario la Direttiva 2004/41/CE, detta esattamente “Carni di Selvaggina”, che regolamenta il corretto trattamento sanitario e la commercializzazione delle spoglie, riconoscendo in tal modo alla fauna selvatica un rilevante valore di risorsa: infatti, in altri Stati, come quelli scandinavi o centro-europei, da sempre si usa rivendere le carni degli ungulati e di altre specie cacciate, i cui proventi vengono in parte reimpiegati nella gestione faunistica completando così un circolo virtuoso dal quale traggono vantaggio gli stessi ambiente e fauna. Nessuno, anche in Italia, dovrebbe perciò alimentare incertezze in proposito. In ultimo, sulle qualità organolettiche, sulla genuinità, sull’elevato potere nutrizionale e parallela scarsità di colesterolo caratteristici delle carni selvatiche, non sussiste alcun dubbio, tanto che esse vincono di gran lunga qualunque confronto con le carni di animali d’allevamento. Insomma, numerosi sono i fattori a supporto di questa tradizione culinaria: sociali, economici, culturali, gestionali, tecnici, che ci fanno dire magari non “tutti a caccia” ma senz’altro “tutti a tavola”! Buona lettura e buon appetito. Il Presidente Comitato Esecutivo ANUUMigratoristi (Dott. Massimo Marracci)
LA NOSTRA TERRA 2011 (cliccare per visionare le ricette)